Il progetto di
prevenzione del disagio giovanile del Comune di Manta è partito
concretamente nell’aprile 1994 per cercare di dare delle risposte
all’insorgere di alcuni atti di vandalismo, di aggressività, consumo
di alcool, di droghe ecc. all’interno del territorio comunale.
Tale progetto
pose le prime basi
già nel maggio del 1993, attraverso:
1.
la collaborazione
con alcuni insegnanti della scuola media di Manta e con i servizi
socio-sanitari
dell’ASL n°17 di Saluzzo, che
stimolarono il servizio di Neuro PsIchiatria Infantile a svolgere
una indagine
conoscitiva per sondare comportamenti
problematici dei ragazzi della scuola media/elementare;
2.
la presentazione in Regione ,da parte del Comune, di una serie di
progetti su iniziative denominate “L’attuazione dei diritti
dell’infanzia” (nel 1993) e
“ Il diritto al minore a crescere in famiglia” ( nel 1994)
che furono premiati e riconosciuti.
Tale riconoscimento ha permesso all’ Amministrazione
di prendere “coraggio” per proseguire e incrementare
l’intervento di prevenzione.
Nel 1995 le
attività
presero uno spessore diverso
, sia per l’aumento del monte ore
e sia perché’all’educatore di riferimento del progetto si
affianca un altro operatore con competenze ed esperienze specifiche
sulla prevenzione primaria . Gli interventi
iniziarono
a seguire
una logica progettuale più ampia. Accade spesso, in situazioni
di
emergenza relative al disagio giovanile che le amministrazioni e
le istanze istituzionali scelgano di dare comunque e” in qualche
modo” delle risposte.
Risposte
scaturite più dalla paura, dall’insicurezza e dall’urgenza
che il disagio provoca, secondo una modalità del “ tutto subito “ ,
che da una logica programmatica di ampio respiro, che si fonda su un
corretto approccio ai problemi, individuando obietti, computando le
risorse esistenti, ricercando gli strumenti più adatti e verificando i
risultati nel tempo.
Concretamente
il progetto del Comune di Manta
aderì a queste linee metodologiche
cercando
di realizzare
un intervento “globale” che coinvolgesse i settori
“vitali” della comunità territoriale .Si partì dalla
consapevolezza che il problema non era del singolo caso e/o
persona o della singola famiglia ma era un problema della comunità.
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